Intervista ad un tartufaio DOC

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Un’affascinante esperienza multisensoriale nei boschi del Montefeltro per scoprire, acquistare, gustare il “tesoro della terra”

Nei dintorni di Acqualagna, Marina dei Cesari organizza la visita alle tartufaie con la guida di Alessandro che più che un tartufaio è un poeta, innamorato della natura e del territorio ricco e generoso in cui vive. Alessandro vi accompagnerà in una piacevole passeggiata con i suoi cani per farvi vivere un’esperienza multisensoriale e quel sentimento agreste che ci lega alla terra. La visita si concluderà nel laboratorio dove si lavora e conserva il re dei boschi e dove potrete apprezzare tanti stuzzichini al tartufo preparati dalla moglie Luigina in un ambiente molto familiare.

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Alessandro Benvenuti, il tartufaio

Ed è proprio con questa bella famiglia composta da padre, madre e il piccolo Tommaso “pel di carota”, attorniata da due simpatici Lagotto, razza tutta italiana, che cerchiamo di imparare a conoscere il tartufo.

Alessandro come hai iniziato la ricerca dei tartufi?

Tutto è nato grazie a mia moglie: io facevo tutt’altro lavoro, è lei insieme a suo padre, ad avermi fatto scoprire questi luoghi e conoscere un mondo che ora è diventato il mio lavoro. Un lavoro che ci dà l’opportunità di vivere esperienze diverse e uniche ogni giorno stabilendo fra noi, i nostri cani e la natura una piena sintonia. Così La Cerca non esprime soltanto un’azione, ma racconta uno stile di vita, un atteggiamento interiore. Quel senso di meraviglia per la natura che ci porta a rispettarla. Io la chiamo “cultura”.

La cerca

Perché La Cerca?

Perché il tartufo si cerca non si raccoglie. Le patate si raccolgono!

Che cos’è il tartufo?

Il tartufo è un fungo, o meglio, è il risultato dell’unione tra un fungo con la radice di un albero. A differenza dei funghi non è un parassita ma un simbionte, cioè: non sfrutta la pianta ma all’opposto la aiuta a vivere meglio. Ancora molti lo considerano erroneamente un tubero, equivoco nel quale caddero i naturalisti secoli fa e che ancora si perpetua nel nome scientifico del tartufo; ma tubero non è. Possiamo distinguere i tartufi in base al colore (tartufi bianchi e tartufi neri) e in base a come hanno il peridio (il peridio è la buccia, la parte esterna), che può essere liscia o verrucosa. Questi caratteri determinano il sapore e dunque il valore di mercato del tartufo. La parte interna del tartufo si chiama gleba e ha il colore del peridio. Percorsa da striature simmetriche chiare, la gleba è tanto più scura quanto più il tartufo è maturo e profumato. A proposito: il profumo del tartufo raggiunge un massimo poi si affievolisce fino a divenire addirittura sgradevole.

Perché è così costoso il tartufo bianco pregiato?

È costoso perché è il più difficile da scoprire, è veramente il tesoro indiscusso della terra. Personalmente la ritengo una ricerca affascinante, poetica, prima di tutto per i colori ed i profumi tipici del periodo in cui si va a cercarlo. Entrare nel bosco all’alba con la nebbiolina attaccata alle ragnatele, le gocce di rugiada nell’erba, le foglie gialle e rosse di cui l’autunno si veste, già questa è un’emozione sufficiente a giustificare la levataccia e le lunghe camminate. Poi mettiamoci pure la complessità del ritrovamento e l’azione del cane nella cerca. Il tartufaio sa in quali luoghi condurre il cane, ma non sa esattamente il punto preciso. Ricordo i primi anni quando Nonno Gino mi diceva: “segui il cane, fidati, lui sa dove nasce, sa dove andare”

Come si comportano i cani quando fiutano il tartufo?

I cani iniziano immediatamente un balletto che li porta a ispezionare ogni parte del sottobosco, a filtrare la miriade di odori che lo permeano, fino ad arrivare, attratti come da una forza magnetica, a un punto preciso, dove una volta appoggiato il naso a terra con veemenza iniziano il rito della scavata o raspata. Ora inizia il momento dell’escavazione. Ci si mette in ginocchio come per pregare, si prende una manciata di terra e la si porta al naso, per rilevare l’odore del tartufo, poi a seconda dell’intensità si richiama il cane per continuare la “buca”.

Quanto tempo è necessario?

Azioni lente: il tartufo vuole il suo tempo, romperlo sarebbe un sacrilegio, oltre che uno svantaggio economico. Sotto lo sguardo attento del cane, che controlla e soprattutto annusa ogni mio movimento, aiutato dal vanghino e dal dito inizio con calma e cautela la scoperta del tartufo, quando a un tratto, dallo scuro della terra si intravede il giallo inconfondibile. Il cuore accelera il suo battito, la curiosità è tale che immediatamente, con il dito indice inizio a scavare tutto intorno, per capire le reali dimensioni del tartufo. Una volta liberato dalla terra e dalle radici, con la leva del vanghino lo estraggo dalla terra, lo porto al naso e dopo averlo annusato con voluttà lo mostro al cane, che soddisfatto aspetta il meritato premio…Lo ripongo accuratamente in tasca dopo averlo ripulito, ricopro con cura la buca che ho fatto per estrarlo e nascondo la terra smossa con foglie e rami del sottobosco, affinché nessuno veda dove ho trovato il tartufo! È un nostro segreto.

E il tartufo nero?

Nelle zone in cui vivo, Acqualagna e dintorni, anche oggi andare a nero, specialmente al Tuber Aestivum Vittadini o Scorzone, è poco considerato. Viene visto più che altro come un modo per far uscire e sgranchire il cane. A rendere ancora più semplice e poco avvincente la ricerca dei tartufi neri (il Tuber Aestivum – Sorzone – ed il Tuber Melanosporum – Tartufo Nero pregiato di Norcia) è una loro proprietà: una volta entrati in simbiosi con una pianta comare, riescono a sintetizzare e ad emettere, un enzima naturale che è un forte erbicida. La conseguenza è che le piante che producono il tartufo nero sono facilmente rintracciabili perché intorno a loro si forma una “bruciata”, una zona di terreno senza erba. Come se non bastasse, questi tartufi nascono a poca profondità e sono dunque facilmente individuabili, anche senza cane!

Poi le cose sono cambiate. Nel dopoguerra, con lo sviluppo dell’industria conserviera si è scoperto che i tartufi neri, lavorati e conservati, si mantengono bene e sono ottimi per certe lavorazioni come le salse al tartufo. L’aumento speculare della domanda e dell’offerta ha rappresentato l’inizio della fine: si è smesso di andare a nero come palestra di addestramento per il cane, ma solo per fare quantità, utilizzando qualsiasi mezzo, senza alcuna cura per il metodo di ricerca e attenzione per la conservazione della specie. Troppo spesso sento dire che il tartufo nero è schifoso, che non sa di nulla, e così via… Certo, se quelle persone hanno assaggiato il tartufo cavato con la zappa, non le biasimo, hanno ragione. Hanno mangiato un prodotto privo di qualità, impropriamente utilizzato nella ristorazione che rovina la percezione verso i tartufi minori. Invece fino a giugno il tartufo nero estivo non ha gran sapore, dovrebbe rimanere nel terreno ad asciugarsi ai caldi raggi del sole. Non acquistatelo, pazientate e in questo modo ne coglierete e ne riscoprirete i fantastici sapori.

Che tipo di tartufo si trova a La Cerca?

L’azienda si estende su un terreno prevalentemente boschivo, con due conformazioni geologiche differenti: questo consente di ottenere una varietà di tartufo per ogni stagione, il bianco pregiato, il nero pregiato, il bianchetto e lo scorzone.


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Qual è l’ora migliore per la cerca del tartufo?

Personalmente preferisco andare alla cerca all’alba e di giorno. La notte è fatta per essere trascorsa in famiglia e riposare. Di notte non si riesce a gustare il piacere della cerca del cane. Faccio parte di quella schiera di tartufai romantici che oltre al ritrovamento della preda, trovano appagamento nella conduzione del cane, nell’osservare e vivere la natura, nel non temerla. Di notte non sai mai cosa trovare: ostacoli, animali pericolosi (come la vipera o l’orso) e devi essere sempre sul chi va là per intuire se il rumore tra le foglie è del tuo cane o di qualche animale…

ricerca tartufo

Come si conserva il tartufo fresco?

Prima di tutto va pulito bene con uno spazzolino per eliminare la maggior parte della terra, quindi con un panno per togliere la rimanenza, il tutto fatto con delicatezza. Non mettetelo nel riso come si usa abitualmente, in quanto il riso è disidratato, ed assorbirebbe tutti i liquidi ed il sapore del tartufo.

Noi suggeriamo tre metodi per la conservazione del tartufo fresco:

Il primo, che è anche il più semplice consiste nel conservare il tartufo fresco in frigo, chiuso in un contenitore ermetico per alimenti, avvolto in carta assorbente tipo scottex (andrà sostituita ogni giorno) Si manterrà per circa una settimana. Seconda possibilità, congelarlo in un contenitore di vetro o plastica per uso alimentare e affettarlo ancora congelato altrimenti si ammollisce. In questo modo la conservazione si prolungherà per circa 6 mesi. Terza possibilità, conservarlo congelato all’interno di olio extravergine di oliva o burro. Richiede un poco di passaggi, ma il risultato è ottimo Da fresco lo affettiamo all’interno di vaschette per il giaccio e secondo i gusti lo ricopriremo con olio o con burro (sciolto a temperatura ambiente o a bagnomaria chiarificandolo). Una volta unito il composto al tartufo, lo riporremo nel freezer e il giorno seguente i cubetti dovranno essere riposti all’interno di una vaschetta ermetica e tenuti in congelatore. In questo modo la conservazione si prolunga di un paio di mesi.

Come si utilizza il tartufo fresco?

Molti sono titubanti nell’acquistare il tartufo fresco perché temono di non saperlo cucinare a dovere. Il tartufo è semplicissimo da utilizzare, il bianco pregiato e il bianchetto ancora di più, basta aggiungerli a crudo sulle pietanze. Il Tartufo Nero Estivo invece deve essere cotto.

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Prosegui con il nostro itinerario sul tartufo!

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